Intervista ad Andrea Sepe, playmaker dell’ASD Pallacanestro Afragola.

“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo, di ispirare, di unire le persone in un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione”. In questo pensiero di Nelson Mandela è racchiuso tutto ciò che lo sport deve rappresentare per la società. Non esistono sport superiori o inferiori, giocatori di Serie A o di Serie B, esiste lo sport che deve unire, non dividere.  Per rappresentare al meglio il concetto di “sport universale”, abbiamo posto qualche domanda ad Andrea Sepe, giocatore dell’ASD Pallacanestro Afragola.

A quanti anni hai iniziato a giocare e quanto ha influito questo sport nella tua crescita emotiva?

Ho cominciato a praticare basket a 7 anni. Per un bambino di quella età uno sport qualsiasi è utile per la crescita, permette di confrontarsi sin da piccoli con altri bambini al di fuori dell’ambito scolastico, di socializzare con persone in un ambiente dove vigono regole differenti. In più,  essendo uno sport di squadra, insegna sin da subito la collaborazione e il rispetto per gli altri. Assimilati i primi concetti sociali e di movimento è stato poi il turno dell’agonismo: imparare a gareggiare con gli avversari ed in seguito anche con i compagni facendo nascere sane competizioni interne alla squadra che hanno permesso un miglioramento sia tecnico che personale. Negli anni liceali, in cui tutti i ragazzi prediligono le uscite e il divertimento, ho sempre dedicato anima e corpo ad allenamenti e partite, poiché far parte di una squadra significa rispettare i compagni e l’allenatore. Infine mi ha insegnato a condividere le gioie delle vittorie e i dolori, non solo delle sconfitte più schiaccianti, ma anche ad affrontare gli infortuni”.

Cosa ti ha portato a scegliere proprio la Palla canestro?

“La scelta inizialmente non è stata  personale, i miei genitori hanno sempre ritenuto fondamentale lo sport per la crescita dell’individuo, per cui scelsero per me e gli sarò per sempre riconoscente per questo”.

Il vostro può essere definito un vero e proprio movimento sportivo che va avanti, ad Afragola, da anni. C’è stato un momento in cui hai pensato di dedicarti ad altro, o di cambiare squadra?

“Cambiare sport non è mai stato un pensiero che mi è passato per la testa. Dopo poco non si trattava più di un hobby ma di una passione per cui non ho mai sentito la necessità di cambiare. Il cambio squadra può dipendere da diversi fattori tuttavia, nell’ambito della nostra città e della nostra società, mi sono sempre trovato molto bene e soprattutto, a valle di quanto detto nella prima risposta, mi sento di dire che dopo poco i compagni di squadra diventano una seconda famiglia, inoltre, non ritenendomi un fenomeno del settore, preferisco porre al primo posto la mia squadra più che le mie ambizioni personali (giocare altrove)”.

Uno degli elementi fondamentali per il sano sviluppo del bambino è praticare sport, tanto che anche l’Unicef lo ha riconosciuto come un diritto fondamentale. Non solo: attraverso lo sport, il divertimento e il gioco, i bambini e gli adolescenti imparano alcuni dei valori più importanti della vita.

Di Andrea Di Maso

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